Il licenziamento disciplinare è quella particolare tipologia di licenziamento adottato dal datore di lavoro in seguito ad un inadempimento del lavoratore o in seguito alla violazione di una norma di legge, del contratto collettivo o del codice disciplinare aziendale.
Il licenziamento disciplinare può dar luogo al licenziamento per giustificato motivo soggettivo o al licenziamento per giusta causa. Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, disciplinato dall’art. 3 della Legge 604/1966, è quello causato da un notevole inadempimento del lavoratore ai propri obblighi contrattuali. Il licenziamento per giusta causa, previsto dall’art. 2119 del codice civile, presuppone invece una condotta illecita del lavoratore talmente grave da non permettere, neanche in via temporanea, la prosecuzione del rapporto di lavoro. Nel licenziamento per giusta causa la violazione del lavoratore è considerata talmente grave che lo stesso non ha neanche diritto al preavviso.
Il licenziamento disciplinare costituisce la sanzione più grave che il datore di lavoro può irrogare al dipendente in seguito ad un illecito disciplinare e rappresenta la massima espressione del suo potere disciplinare. A differenza delle altre sanzioni (ad es. il rimprovero o la multa) che sono “conservative” in quanto garantiscono al lavoratore la conservazione del posto di lavoro, il licenziamento disciplinare determina la cessazione del rapporto di lavoro.
LE TUTELE PER I LAVORATORI IN CASO DI LICENZIAMENTO
Il licenziamento disciplinare può essere legittimamente irrogato soltanto rispettando i criteri previsti dall’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori. Al fine di tutelare i lavoratori, l’art. 7 dello Statuto regola in modo analitico tutti i passaggi del procedimento disciplinare e l’iter che il datore di lavoro deve seguire per permettere al dipendente di difendersi in maniera adeguata. Bisogna sottolineare che le norme del procedimento disciplinare si applicano a qualsiasi rapporto di lavoro, indipendentemente dal requisito dimensionale dell’azienda, quindi anche a quelle che occupano meno di 15 dipendenti.
Il procedimento disciplinare si apre con la contestazione dell’addebito. Al fine di permettere al lavoratore di conoscere esattamente quali sono le mancanze che gli vengono contestate, il datore di lavoro deve in primo luogo comunicare – per iscritto e in maniera tempestiva e precisa – il comportamento ritenuto illecito posto in essere dal lavoratore. Con tale comunicazione, inoltre, il datore di lavoro deve invitare il lavoratore a difendersi e a rendere le proprie giustificazioni per iscritto entro un termine prestabilito, che non può essere inferiore a 5 giorni. Oltre alla possibilità di difendersi per iscritto, il lavoratore, se lo ritiene opportuno, può esercitare il diritto di essere convocato in azienda e di essere ascoltato dal datore di lavoro. Soltanto dopo aver permesso al lavoratore di esercitare adeguatamente il suo diritto di difesa, il datore di lavoro potrà comminare una sanzione disciplinare e, qualora lo ritenesse opportuno, irrogare il licenziamento.
Il mancato rispetto di tutti i passaggi del procedimento disciplinare rappresenta un vizio procedurale insanabile che comporta l’illegittimità del licenziamento disciplinare intimato.
LA DISCIPLINA PREVISTA DAI CONTRATTI COLLETTIVI PER IL LICENZIAMENTO
Il codice civile non disciplina in modo analitico quali sono le regole comportamentali che il lavoratore deve rispettare all’interno del posto di lavoro, ma prevede soltanto dei generici obblighi di diligenza, obbedienza e fedeltà.
I contratti collettivi, invece, nella sezione dedicata al procedimento disciplinare, prevedono in maniera dettagliata diverse norme di condotta che i lavoratori devono rispettare. I contratti collettivi, inoltre, indicano un elenco di comportamenti illegittimi a cui può far seguito il licenziamento disciplinare. Analogamente, i regolamenti aziendali predisposti dal datore di lavoro, possono prevedere ulteriori norme di comportamento cui il lavoratore è tenuto a conformarsi. Il datore di lavoro può inoltre irrogare un licenziamento disciplinare anche al di fuori dei casi espressamente previsti dal contratto collettivo o dal regolamento aziendale, qualora ritenga che la condotta posta in essere dal lavoratore sia talmente grave da giustificare il licenziamento.
L’ILLEGITTIMITÀ DEL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
Il licenziamento disciplinare irrogato dal datore di lavoro potrebbe essere illegittimo sotto diversi aspetti:
• da un punto di vista formale se, ad esempio, il datore di lavoro ha irrogato il licenziamento non rispettando le regole procedurali del procedimento disciplinare;
• da un punto di vista sostanziale, se il licenziamento rappresenta una sanzione sproporzionata rispetto al comportamento posto in essere dal lavoratore, oppure nel caso in cui il lavoratore non abbia posto in essere la condotta contestata.
In questi casi il lavoratore deve provvedere, entro 60 giorni, alla contestazione e all’impugnazione del licenziamento tramite l’invio di una lettera raccomandata o una pec, a cui deve far seguito, entro i successivi 180 giorni nel caso in cui il licenziamento non sia stato ritirato, l’avvio di un’azione giudiziale avanti il Tribunale del Lavoro. In caso di licenziamento illegittimo, le tutele cui ha diritto il lavoratore, di natura risarcitoria e/o reintegratoria, sono differenti a seconda delle dimensioni dell’azienda (se la stessa occupa o meno più di 15 dipendenti) e a seconda della data in cui è sorto il rapporto di lavoro.
Fonte immagine: Pxhere
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