Il Licenziamento

Mi occupo da sempre di licenziamenti e, con il mio team di avvocate e avvocati, tuteliamo lavoratori e lavoratrici in caso di licenziamento.

Le ragioni che spingono un’azienda a licenziare un dipendente possono essere la più disparate ma, molto spesso, il provvedimento irrogato dal datore è illegittimo perché le motivazioni poste alla base del licenziamento non sono valide. Pertanto, la persona licenziata ha diritto a ottenere un indennizzo economico e, nei casi più gravi, anche la reintegra nel posto di lavoro. In quest’ultimo caso, il lavoratore che non vorrà essere reintegrato, può rinunciarvi e ottenere il pagamento di 15 mensilità della retribuzione.

L’ammontare dell’indennizzo economico dipende da diversi fattori, quali ad esempio l’anzianità di servizio e le dimensioni dell’azienda che, ovviamente, devono essere valutati concretamente caso per caso.

Per far valere i propri diritti e ottenere l’indennizzo o la reintegra nel posto di lavoro, è necessario impugnare il licenziamento rispettando le tempistiche previste dalla legge che sono estremamente rigide. Il lavoratore licenziato ha 60 giorni di tempo per impugnare il licenziamento. In questa fase delicata è opportuno chiedere aiuto a un avvocato esperto in diritto del lavoro per evitare errori formali che potrebbero rendere nulla l’impugnazione.

Una volta impugnato il licenziamento, nella maggior parte dei casi si trova un accordo con l’azienda in tempi brevi, senza che sia necessario fare una causa, grazie anche al nostro approccio equilibrato nei negoziati. Normalmente infatti, il datore di lavoro, ricevuta l’impugnativa, per evitare il rischio di una causa di lavoro, contatta il nostro studio per valutare la possibilità di trovare una soluzione conciliativa.

Qualora non sia possibile arrivare a un accordo soddisfacente, se ci sono i presupposti, è necessario fare causa all’azienda promuovendo un giudizio al Tribunale del Lavoro. Anche in questo caso le tempistiche sono rigide e bisogna depositare il ricorso entro 180 giorni, che decorrono dall’invio della comunicazione di impugnazione.

Le cause di lavoro sono più snelle e più veloci di quelle ordinarie e hanno durate contenute che variano a seconda del singolo Tribunale. Nel giudizio del lavoro, inoltre, i giudici tentano sempre la conciliazione formulando una proposta conciliativa che possa rappresentare un punto d’incontro tra le parti. Molto spesso infatti le cause di lavoro si concludono in tempi relativamente brevi con un accordo tra le parti che preveda la corresponsione di una determinata somma in favore del lavoratore.

Quando una persona viene licenziata attraversa una fase molto delicata della vita e difficile da un punto di vista non solo economico e professionale ma anche emotivo. È quindi opportuno rivolgersi a un avvocato esperto in diritto del lavoro per valutare la propria posizione e la fondatezza o meno del licenziamento, al fine di capire e valutare i possibili scenari, e per avvalersi di un aiuto esperto e professionale nella strada che si deciderà di intraprendere. La tutela di un avvocato, inoltre, è utile per firmare un accordo che contenga tutte le clausole necessarie per la tutela dei diritti del lavoratore e per l’ottenimento dell’indennizzo.

Il licenziamento è l’atto con cui il datore di lavoro decide di risolvere il rapporto di lavoro.

A seconda delle motivazioni alla base di questa decisione, nel nostro ordinamento esistono diverse tipologie di licenziamento riconducibili in queste macrocategorie:

Il licenziamento per giusta causa:

il licenziamento per giusta causa è il licenziamento adottato dal datore in seguito a un comportamento del lavoratore che rappresenta una grave violazione ai propri obblighi contrattuali, talmente grave da ledere in modo insanabile il rapporto di fiducia tra le parti e che non consente la prosecuzione del rapporto di lavoro, nemmeno temporaneamente.
Il licenziamento per giusta causa è il licenziamento disciplinare per eccellenza e, in quanto tale, deve essere necessariamente preceduto da una contestazione disciplinare al fine di consentire al dipendente di difendersi in maniera adeguata dalle accuse mosse dal datore.
In virtù della natura disciplinare del licenziamento per giusta causa, il dipendente licenziato non ha diritto all’indennità sostituiva del preavviso. Ovviamente il lavoratore può sempre impugnare il licenziamento per ottenere oltre l’indennità per il licenziamento illegittimo anche l’indennità del preavviso.

Le condotte del lavoratore che possono portare a un licenziamento per giusta causa possono essere le più svariate e i contratti collettivi elencano le ipotesi ed i fatti ritenuti tali da costituire giusta causa di licenziamento.

Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo:

Anche il licenziamento per giustificato motivo soggettivo viene adottato dal datore di lavoro in seguito a dei comportamenti posti in essere dal lavoratore. Questi comportamenti sono meno gravi rispetto a quelli riconducibili alla giusta causa di licenziamento ma comunque ritenuti abbastanza gravi da condurre al licenziamento. Alla luce della più bassa gravità del fatto, in questi casi, il lavoratore licenziato avrà comunque diritto all’indennità sostitutiva del preavviso.

Anche in caso di licenziamento per giusta causa, il datore di lavoro deve preventivamente inviare una contestazione al lavoratore che avrà diritto di rassegnare adeguatamente le proprie difese, nel pieno rispetto della procedura disciplinare.

Esempi tipici del licenziamento per giusta causa sono i casi di licenziamento per scarso rendimento o per comportamento negligente del dipendente.

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo:

A differenza delle figure precedenti, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo non attiene a comportamenti che riguardano il lavoratore, ma è riconducibile a cause legate all’azienda, all’organizzazione del lavoro all’interno dell’impresa e a ragioni economiche.

Le aziende possono ricorrere a un licenziamento per giustificato motivo oggettivo in caso di crisi economica dell’impresa, di cessazione o riduzione dell’attività oppure nel caso in cui vengano meno le mansioni del lavoratore e nonsia possibile assegnargli mansioni diverse.

Non sempre le ragioni adottate dall’azienda per sostenere un licenziamento per giustificato motivo oggettivo sono valide e veritiere. Pertanto è sempre opportuno rivolgersi a un avvocato esperto in diritto nel lavoro per valutare se il licenziamento possa essere considerato valido o meno.

Il licenziamento orale (verbale):

Il licenziamento verbale (detto anche “orale”) si verifica quando il lavoratore viene licenziato senza alcuna comunicazione formale da parte del datore di lavoro (lettera, pec, mail, ecc).

Il licenziamento orale è inefficace perché la legge impone al datore di lavoro di comunicare sempre per iscritto il licenziamento ai propri dipendenti. Di conseguenza il licenziamento comunicato al dipendente soltanto oralmente non è efficace e non produce alcun tipo di effetto. Di conseguenza la sola comunicazione orale non è sufficiente a interrompere il rapporto di lavoro.

Alla luce della totale inefficacia del licenziamento orale il lavoratore licenziato attraverso questa modalità avrà diritto, oltre a un risarcimento del danno, anche a essere reintegrato nel posto di lavoro.

Vista la mancanza di una comunicazione scritta è opportuno che il lavoratore licenziato invii prontamente una comunicazione formale al datore di lavoro contestando l’allontanamento dal posto di lavoro e rendendosi disponibile a riprendere l’attività lavorativa.

Il licenziamento in maternità o in conseguenza del matrimonio:

Il licenziamento irrogato durante il periodo di maternità della lavoratrice è nullo, in quanto tra le varie norme a tutela della maternità c’è quella che vieta espressamente il licenziamento della lavoratrice madre o della lavoratrice in stato di gravidanza. Il divieto di licenziamento della lavoratrice madre si protrae fino al compimento di un anno di età del bambino. Pertanto la lavoratrice madre o in stato di gravidanza non può essere licenziata a meno che non ci sia una giusta causa grave.

Anche il padre lavoratore che fruisce del congedo di paternità non può essere licenziato fino al compimento di un anno di età del bambino.

Per evitare che il datore di lavoro costringa alle dimissioni, le dimissioni presentate dalla lavoratrice o dal padre lavoratore nel periodo protetto sono nulle a meno che non siano confermate alla Direzione provinciale del lavoro.

Accanto al divieto di licenziamento per maternità, la legge prevede anche il divieto di licenziamento in caso di matrimonio.

Ovviamente, anche in questi casi, per far valere i propri diritti, occorre impugnare il licenziamento.

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